CURIOSITà

Cluniacensi e Cistercensi.

di Camilla Baresani

Pianura Padana, è l’anno 1135 d.C.
Siamo in pieno Basso Medioevo e, grazie ad alcune innovazioni colturali e tecnologiche (rotazione delle colture, diffusione dell’aratro pesante, uso dei mulini ad acqua), aumentano progressivamente i raccolti, di conseguenza aumentano i commerci, e dunque anche la popolazione. In un’area paludosa e incolta ai margini di Milano – dal lato di Porta Romana – si insedia un manipolo di monaci francesi, arrivati al seguito di Bernardo. Il monaco, di grande autorevolezza e fama, ha fondato vent’anni prima l’Abbazia di Clairvaux (Chiaravalle) nella regione della Champagne.

Abbazia di Chaiaravalle a Milano in una giornata di sole Missione Fondazione Grana Padano

Bernardo, dopo aver ottenuto dalla città di Milano i fondi per la costruzione di una chiesa, torna in Francia e lascia nella selva acquitrinosa alle porte della città i suoi confratelli. Questi monaci, per decenni, si dedicheranno alla costruzione dell’Abbazia di Chiaravalle, la nostra Clairvaux. Bonificheranno e dissoderanno i terreni, alleveranno bovini e, per non sprecare le eccedenze del latte, “inventeranno” il formaggio a pasta dura e stagionato che ha dato origine al Grana Padano.
Bernardo morirà in Francia nel 1153, essendosi guadagnato la fama di santo, ed avendo creato un sistema di comunità contadine modello, le abbazie, ossia monasteri autonomi, sui iuris, con a capo un abate.

Gruppo di persone solidali Fondazione Grana Padano ETS

I monaci benedettini seguaci di Bernardo sono detti cistercensi. Il loro nome deriva da quello dell’Abbazia di Cîteaux, fondata nel 1098 come reazione a quella che veniva ritenuta una deriva edonistica cluniacense, proprio come la religione luterana (o protestante) nascerà nel Cinquecento come reazione alla degenerazione morale e spirituale della Chiesa Cattolica.

Il monaco Roberto di Molesme, fondatore di Cîteaux, voleva tornare all’applicazione letterale della regola di San Benedetto, basata su una vita austera e dedita al lavoro manuale, regola ormai ampiamente trasgredita dai cluniacensi (dal nome dell’Abbazia di Cluny): le ingenti donazioni ottenute dal Duca d’Acquitania in cambio di ricompense celesti, avevano corrotto i costumi dei monaci e avidità e pigrizia s’erano infiltrate nella vita religiosa. Inoltre, i cluniacensi dedicavano la maggior parte del tempo allo studio, alla preghiera e alla trascrizione di testi antichi, anziché al lavoro nei campi.

Per Roberto di Molesme e poi per Bernardo di Chiaravalle, i cistercensi dovevano invece praticare il silenzio esteriore e interiore (conversare era ritenuto ozioso in quanto ostacolava il lavoro), e dovevano dedicarsi al lavoro di bonifica, dissodamento e coltivazione dei luoghi ancora selvatici in cui venivano fondati i monasteri, consumando solo pasti frugali e perlopiù, come diremmo oggi, vegetariani. Per rispettare la regola del silenzio, interloquivano tra loro con segni codificati, che trasmettevano indicazioni o istruzioni. Un manoscritto trovato a Clairvaux contiene un lemmario di 277 segni che interpretano altrettante parole latine.

Le abbazie cistercensi erano spoglie, senza decorazioni (come reazione all’iper decorativismo di Cluny) perché l’arte visiva, con la forza delle immagini, poteva distrarre dalla preghiera. Le giornate erano severamente scandite dalla Regola benedettina fondata sulla “liturgia delle ore”, che strutturava e ritualizzava la vita monastica senza che nessun momento della giornata fosse lasciato all’iniziativa individuale.

Gruppo di persone solidali Fondazione Grana Padano ETS

Attraverso le filiazioni, l’ordine cistercense si sviluppò in buona parte dell’Europa, e dalla Francia raggiunse Italia, Spagna, Portogallo, Inghilterra e Germania. Nello scorrere dei secoli le regole si addolcirono. Nei dormitori fu permesso il riscaldamento, il duro lavoro nei campi diminuì perché i possedimenti delle abbazie venivano dati in affitto o affidati a contadini dei villaggi attorno ai monasteri, e il tempo dello studio, dell’amministrazione e della preghiera si dilatò. Anche la dieta monastica si fece meno rigida.

Se poi consideriamo lo sviluppo storico dei monasteri europei, si può dire che anche i cistercensi finirono per arricchirsi quanto i cluniacensi, non però grazie alle donazioni, quanto invece per i risultati del lavoro incessante, di quel rifiuto dell’ozio “nemico dell’anima” che produsse architetture monumentali organizzate e gestite con grande efficienza economica.