Bernardo di Clairvaux

Vita prodigiosa di Bernardo di Clairvaux

Abbazia di Chaiaravalle a Milano in una giornata di sole Missione Fondazione Grana Padano

Bernardo fondatore: le abbazie e i Templari

Se circa mille anni fa non fosse nato un certo Bernard de Fontaine, esisterebbe oggi l’abbazia di Chiaravalle? In quale altra grangia avrebbero adottato la pratica colturale delle marcite e, di conseguenza, si sarebbero create eccedenze di latte? Se non ci fossero stati gli operosi monaci cistercensi che, per non sprecare il latte inventarono il formaggio grana, chi altro ci avrebbe pensato? E se oggi, dopo qualche grado di separazione, possiamo collegare l’invenzione di un prodotto caseario al nome di un santo, cosa sappiamo di questo santo, una delle figure più influenti del XII secolo per l’attività dottrinale e mistica, per l’impegno monastico e per la capacità di influenzare eventi ecclesiastici e politici?

Ebbene, la figura di Bernardo merita di essere raccontata perché il suo operato e il suo pensiero sono di straordinario interesse dal punto di vista religioso, politico, e anche da quello che oggi ci appare forse l’aspetto più vicino, quello civile e anche civico. Di fatto, l’opera di Bernardo è sopravvissuta al suo secolo spingendosi fino a oggi, e continuerà a lasciare le sue tracce nel futuro.

Bernard de Fontaine nacque in Borgogna (o Burgundia) nel 1090, da una famiglia nobile. Visse fino al 1153. Magari oggi può sembrare normale, ma in pieno Medioevo superare i 45 anni era straordinario, anche perché durante i suoi sessantatré anni di vita Bernardo certamente non risparmiò i viaggi, i rischi, le fatiche. Nel 1113 entrò nella comunità monastica di Cîteaux, che era stata fondata quattro anni prima da Roberto di Molesme, in una zona acquitrinosa che necessitava di imponenti lavori di bonifica. Il nuovo ordine cistercense (forse da “cistercium”, cisterna, luogo paludoso; oppure da “cis tertium lapidem militarium”, la posizione di Citeaux) promuoveva un ritorno alla povertà evangelica e a una rigorosa osservanza della Regola benedettina, in contrasto con il lusso e la corruzione che si stavano diffondendo in alcuni monasteri cluniacensi (da Cluny). Il progetto di Roberto era quello di integrare lo spirito austero e solitario degli eremiti all’interno della vita cenobitica. In breve, il progetto monastico di Cîteaux ebbe un tale successo da non riuscire più ad accogliere i numerosi pellegrini e postulanti che chiedevano di esservi ospitati. L’abate di Citeaux, Stefano Harding, incaricò allora Bernardo, che spiccava tra i monaci per dedizione alla preghiera, alla contemplazione e alla vita ascetica, di fondare insieme a dodici compagni un nuovo monastero cistercense nella diocesi di Langres in Champagne, in una valle incolta e aperta verso oriente, dove sorge il sole, che venne battezzata Clara Vallis (Clairvaux). Era il 1115. L’abate Bernardo e la comunità monastica di Clairvaux divennero rapidamente un punto di riferimento per tutta l’Europa cristiana, attirando giovani e intellettuali. In breve, l’abbazia si caratterizzò come uno dei centri spirituali più importanti dell’epoca e Bernardo acquisì una fama europea come guida spirituale di straordinaria eloquenza, saggezza e determinazione.

Proprio in quel tempo, nel 1119, Ugo di Payns aveva fondato un ordine monastico-militare, l’Ordine dei Cavalieri Templari. Scopo dell’ordine era la protezione dei pellegrini cristiani in Terra Santa, che dopo la Prima Crociata era divenuta assai pericolosa. Tuttavia, l’idea innovativa di un ordine di monaci guerrieri era molto discussa, perché contraddiceva il tradizionale ideale monastico di pace e distacco dal mondo.

Bernardo, che nel frattempo aveva cominciato a partecipare attivamente a tutte le questioni rilevanti della vita della Chiesa occidentale e orientale, divenne il principale sostenitore dei Templari e il loro ideologo. Nel 1129, partecipò al Concilio di Troyes, dove contribuì alla stesura della regola dell’ordine. In questa occasione, Bernardo scrisse anche il famoso “De laude novae militiae” (“Elogio della nuova cavalleria”), un trattato che legittimava teologicamente il ruolo dei Templari e definiva la figura del monaco-soldato. Nel testo, Bernardo elogia i Templari come nuovo tipo di cavaliere, un guerriero che combatte per Dio e per la difesa della fede cristiana, unendo la vita monastica con l’ideale della cavalleria. I Templari erano chiamati a combattere non per gloria personale o per arricchirsi, ma per proteggere la Chiesa e i pellegrini, e Bernardo li descriveva come cavalieri puri e dediti alla causa divina. Nel “De Laude novae militiae” elenca e descrive i luoghi della cristianità che i cavalieri dovranno presidiare: il Tempio di Gerusalemme, Betlemme, Nazareth, il Monte degli Ulivi e la valle di Gjosafat, il fiume Giordano, il Calvario, il Sepolcro, i villaggi di Betfage e Betania.

Il sostegno di Bernardo fu decisivo per la crescita e il successo dell’ordine. Grazie alla sua influenza e alla sua autorità, i Templari ottennero privilegi speciali dalla Chiesa, inclusa l’esenzione dalle tasse ecclesiastiche e la possibilità di rispondere esclusivamente al papa. In pochi anni, i Templari divennero uno degli ordini più potenti e ricchi della cristianità, accumulando proprietà e risorse in tutta Europa.

Acquisito ormai un ruolo che gli conferiva potere oltreché spirituale anche politico, mentre continuava a svolgere la propria attività dottrinale, letteraria ed epistolare, Bernardo venne chiamato in Italia perché cercasse di sanare le divisioni della Chiesa. Alla morte di papa Onorio II, c’era stata un’elezione papale contestata. Se il conclave aveva scelto Innocenzo II, la potente famiglia dei Pierleoni aveva scelto invece Anacleto II, un antipapa.

Così, nel 1133, Bernardo andò a Roma e poi a Milano per convincere i sostenitori di Anacleto a riconoscere Innocenzo come papa legittimo. Grazie alla sua influenza e alla sua eloquenza, riuscì a persuadere nobili e clero locale a schierarsi dalla parte di Innocenzo, contribuendo alla sconfitta di Anacleto. Fu in occasione della sua permanenza a Milano che Bernardo contribuì alla concreta diffusione dell’ordine cistercense in Italia. Va premesso che questi monaci seguaci di Roberto di Molesme e poi di Bernardo erano infaticabili costruttori. L’abbazia di Cîteaux aveva generato altre quattro abbazie: La Ferté nel 1113, Pontigny nel 1114, Clairvaux e Morimond nel 1115 (e da Morimond arriveranno in Italia i monaci che edificarono l’abbazia di Morimondo, nel 1134). Di queste quattro abbazie francesi, la più espansionista fu quella di Clairvaux, che riprodusse il suo modello architettonico (uno stile gotico scabro e funzionale) e organizzativo in numerose abbazie italiane. Anzitutto Chiaravalle milanese, la cui costruzione finanziata dalle famiglie nobili della città iniziò nel 1135 nel territorio paludoso di Rovegnano, appositamente scelto da Bernardo perché aveva caratteristiche di difficoltà naturali simili a quelle con cui si era scontrato a Clairvaux. L’abbazia verrà poi consacrata nel 1221, ben dopo la morte di Bernardo. Negli anni, Clairvaux generò altre filiazioni italiane: Chiaravalle della Colomba, Fossanova, Casamari, San Galgano, Chiaravalle di Fiastra, l’abbazia delle Tre Fontane, quella di Valvisciolo, Follina, Santa Maria d’Arabona, oltre a tutte le altre abbazie che vennero costruite in altri paesi europei. I principi della vita dei monaci cistercensi erano ovunque gli stessi: preghiera contemplativa, povertà, umiltà, lavoro manuale e autosufficienza. E, potremmo aggiungere, espansionismo. Poiché le abbazie non si costruiscono dal nulla, una simile diffusa filiazione fu possibile proprio grazie all’autorevolezza della figura di Bernardo. Un’autorevolezza religiosa ma anche militante e politica, senza la quale aristocratici e condottieri non avrebbero donato terreni e finanziato costruzioni di abbazie per ingraziarsi Bernardo e tramite lui il papa e la Chiesa. Archeologi e storici dell’arte riconoscono oggi a Bernardo l’invenzione di una tipologia planimetrica e di una forma artistica specifica e originale. Tutte le filiazioni di Clairvaux sono caratterizzate dagli stessi moduli costruttivi, secondo un progetto pilota caratterizzato da una “potatura dell’inessenziale quasi iconosclasta” in modo che l’essenziale risalti e la contemplazione sia privata di orpelli. Inoltre, i complessi monastici vennero costruiti “secondo un’unità organica tra edifici monastici e strutture di produzione agricola”. In pratica, Bernardo fondò il modulo architettonico della nuova città contadina abbaziale, facendo sì che le maestranze locali venissero addestrate all’esecuzione del modello. Per questo si ritiene che, negli anni in cui nasceva l’arte gotica, Bernardo sia stato l’inventore del “codice genetico dell’architettura medievale europea”.

Bernardo politico: contro le eresie, contro Arnaldo da Brescia e per la Seconda Crociata

Il ruolo del monaco francese diveniva con gli anni sempre più politico, in aggiunta a quello mistico e religioso. Durante i suoi viaggi in Italia, oltre a dirimere la scissione della Chiesa in papa e antipapa e a scegliere il luogo dove fondare la prima abbazia sul modello di Clairvaux, ossia Chiaravalle milanese, Bernardo ebbe un ruolo significativo nella lotta contro le eresie e, quale consigliere del pontefice, nella promozione della riforma ecclesiastica. Al tempo, specie nell’Italia settentrionale, era molto forte l’influenza di dottrine eretiche come quella milanese dei patarini. I patarini criticavano la corruzione del clero e chiedevano una Chiesa più pura. Anche Bernardo sosteneva la necessità di riportare la Chiesa a un ideale di povertà e di umiltà, e i suoi sermoni in Italia erano un appello alla purezza e all’abbandono delle ricchezze. Questo però nell’ambito della disciplina, delle regole e del potere ecclesiale, contro ogni eresia.

Ma se tra i patarini non c’erano personalità di rilievo, proprio in quegli anni avvenne che Bernardo si scontrasse con un rivale, se così possiamo definirlo, con una statura e un seguito da leader: Arnaldo da Brescia. Arnaldo, suo coetaneo, aveva avuto una formazione francese. A Parigi era stato discepolo di Pietro Abelardo, figura centrale nella nascita della scolastica, corrente di pensiero che cercava di conciliare la fede con la ragione. Per le sue teorie, Abelardo era stato condannato da Bernardo durante il Concilio di Sens e in seguito perseguitato dalla Chiesa. Infine, si era ritirato a vita privata, passando alla storia, tra l’altro, anche per la sua relazione amorosa con Eloisa, vicenda che nei secoli ha ispirato leggende e poemi. Ma torniamo al suo discepolo Arnaldo. Mentre Abelardo si era concentrato su questioni teologiche e filosofiche, Arnaldo applicava gli insegnamenti del maestro a un’auspicata riforma della Chiesa, ampliando la sua riprovazione alla sfera politica e morale. Queste teorie vennero ritenute estremamente pericolose dalle autorità ecclesiastiche, dato che Arnaldo andava ben oltre la critica teologica: metteva in discussione l’intero sistema di potere della Chiesa. Di fatto, Abelardo e Arnaldo incarnarono due aspetti complementari della critica alla Chiesa medievale: il primo attraverso la riflessione filosofica e teologica, il secondo con una richiesta concreta di riforma morale e politica. Il loro rapporto e la loro influenza reciproca anticiparono le tensioni che avrebbero portato quattro secoli più tardi alla Riforma protestante e a una rinnovata visione del ruolo della Chiesa nella società.

Il pensiero di Arnaldo era radicale. Predicava che il clero dovesse rinunciare al potere temporale e ai beni materiali, e le sue idee avevano grande eco in tutta Europa. Trovarono terreno fertile soprattutto a Roma, dove la popolazione era esasperata dal potere politico dei papi. In definitiva, fino a un certo punto le idee riformatrici di Arnaldo e Bernardo sembravano coincidere, ma si scontrarono invece sul ruolo della Chiesa e sulla rinuncia al potere temporale. Bernardo, che aveva una visione politica da statista pur essendo egli stesso critico della corruzione ecclesiastica, vedeva le idee di Arnaldo come destabilizzanti, una vera e propria minaccia per l’unità e l’ordine della Chiesa.

Durante un soggiorno in Italia, Bernardo cercò di contrastare l’influenza di Arnaldo, sostenendo che la riforma della Chiesa avrebbe dovuto avvenire senza ribellioni e senza mettere in discussione l’autorità papale. Il potere temporale era necessario per la protezione della fede e la diffusione del cristianesimo. Le tensioni tra Arnaldo e Bernardo rappresentano una delle sfide più profonde che la Chiesa medievale si trovò ad affrontare: come conciliare la necessità di riforma con il mantenimento dell’autorità ecclesiastica.

Nel 1140, durante il Concilio di Sens, Bernardo denunciò Arnaldo, condannandolo come eretico. Arnaldo fu esiliato dall’Italia e continuò la sua predicazione in altre parti d’Europa, ma la sua influenza rimase forte. La posizione di Arnaldo era inaccettabile per il papato, e dopo vari tentativi di fermarlo, nel 1155, due anni dopo la morte di Bernardo, papa Adriano IV chiese all’imperatore Federico Barbarossa di catturarlo. Arnaldo fu arrestato, processato e infine condannato a morte. Venne impiccato e bruciato, e le sue ceneri furono disperse nel Tevere per evitare che il popolo potesse venerarlo come un martire.

Nel 1140, durante il Concilio di Sens, Bernardo denunciò Arnaldo, condannandolo come eretico. Arnaldo fu esiliato dall’Italia e continuò la sua predicazione in altre parti d’Europa, ma la sua influenza rimase forte. La posizione di Arnaldo era inaccettabile per il papato, e dopo vari tentativi di fermarlo, nel 1155, due anni dopo la morte di Bernardo, papa Adriano IV chiese all’imperatore Federico Barbarossa di catturarlo. Arnaldo fu arrestato, processato e infine condannato a morte. Venne impiccato e bruciato, e le sue ceneri furono disperse nel Tevere per evitare che il popolo potesse venerarlo come un martire.

Il ruolo di Bernardo era stato determinante nel consolidare la posizione della Chiesa contro le idee radicali. E mentre rifiutava le teorie di Arnaldo, al contempo si adoperava per rafforzare il dominio della Chiesa in Terrasanta. Nel 1145 divenne papa Eugenio III, che con Bernardo aveva una relazione molto stretta (era stato l’abate del monastero cistercense romano dei Santi Ariastasio e Vincenzo alle Tre Fontane). Dopo il fondamentale ruolo di Bernardo nel supporto e nello sviluppo dell’ordine templare, papa Eugenio III gli chiese di predicare una nuova crociata e l’abate di Clairvaux si buttò nella missione. Il culmine della sua azione politica arrivò sei anni dopo aver denunciato la posizione eretica di Arnaldo al Concilio di Sens. Fu quando Bernardo pronunciò il famoso sermone di Vézelay (in Borgogna, oggi importante tappa del cammino di Santiago e, già al tempo, centro di pellegrinaggio per la presenza della chiesa abbaziale cluniacense di Sainte-Marie-Madeleine). Fu uno dei discorsi più potenti nella storia delle crociate, pronunziato davanti a una folla immensa composta da nobili, cavalieri e cittadini comuni, con la presenza del re di Francia Luigi VII e della regina Eleonora d’Aquitania. Era il 1146. Il sermone segnò l’inizio della Seconda Crociata, indetta per reagire alla caduta della città cristiana di Edessa, primo stato crociato fondato dai cristiani nella Mesopotamia settentrionale (oggi Turchia) dopo la Prima Crociata. A Edessa esisteva una celebre scuola di studi filosofici e teologici. Ma nel 1144 la città era caduta nelle mani dell’emiro Zengi, suscitando grande preoccupazione in Europa per la riconquista musulmana. Papa Eugenio III emise la bolla papale “Quantum praedecessores”, con cui invitava la cristianità a unirsi per riconquistare i territori perduti.

Nel sermone, Bernardo aveva infiammato la folla con un discorso appassionato e ricco di riferimenti religiosi, in cui esortava tutti a prendere la croce e a partire per la Terra Santa. Il messaggio di Bernardo era chiaro: i cristiani avevano il dovere di difendere la fede e di vendicare la caduta di Edessa. La crociata era presentata come un mezzo per ottenere la salvezza dell’anima. La reazione alla predicazione di Bernardo fu immediata e travolgente. Molti dei presenti si inginocchiarono davanti a lui, commossi dalle sue parole, e presero la croce per partire in Terra Santa. Luigi VII di Francia e altri nobili si impegnarono a partecipare alla crociata. Bernardo distribuì croci di stoffa ai volontari, e la folla era così numerosa che presto finì le croci disponibili, tanto che le cronache dell’epoca raccontano che dovette strappare pezzi del proprio abito per soddisfare la richiesta.

Nel sermone, Bernardo esortava i cristiani a considerare la crociata come un atto di penitenza e di sacrificio. Andare in Terra Santa significava purificarsi dai peccati, cercare il perdono e dimostrare la propria devozione a Dio. Presentava la crociata come una battaglia tra forze del bene, i cristiani, e del male, i musulmani. Incitava i presenti a non restare indifferenti di fronte alle sofferenze dei cristiani in Oriente e a difendere la fede con ogni mezzo. Per mobilitare gli animi Bernardo assicurava ai partecipanti alla crociata la salvezza eterna e il perdono dei peccati. Citava le parole di Gesù: “Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Questo era, secondo Bernardo, il vero spirito della crociata. E concludeva il sermone con una critica sferzante alla vita secolare. Vituperava la mondanità e l’inerzia della vita quotidiana, invitava i cavalieri e i nobili a rinunciare alla loro vita di piaceri e a unirsi alla crociata, perché servire Cristo era un onore molto più grande che servire un qualsiasi re terreno.

Bernardo continuò poi a predicare per tutta Europa, fermandosi in città come Spira e Magonza per ottenere ulteriori adesioni. Anche Corrado III di Germania accettò di unirsi alla crociata grazie alla sua predicazione. Visitò anche molte città italiane per cercare finanziamenti e reclutare altri crociati.

Ma nonostante l’entusiasmo suscitato dalla predicazione di Bernardo, la Seconda Crociata si rivelò un fallimento dal punto di vista militare. Mal preparata e segnata da divisioni interne, fallì l’obiettivo di riconquistare i territori perduti. Gli eserciti crociati furono sconfitti, e non riuscirono a liberare Edessa dai musulmani né a stabilire nuovi territori cristiani in Oriente. Bernardo venne criticato per aver spinto i volontari a partire inutilmente.

Tuttavia, difese sempre le sue motivazioni, attribuendo il fallimento non alla volontà divina ma ai peccati e alla mancanza di fede dei crociati. E, nonostante la disfatta, i suoi sforzi contribuirono a rafforzare il sentimento di unità cristiana in Italia e in Europa.

Il sermone di Vézelay divenne emblematico di un’epoca in cui la fede cristiana era strettamente intrecciata con la vita politica e sociale e rimase una testimonianza del potere persuasivo e del carisma straordinario di Bernardo, che riuscì a mobilitare interi eserciti con la forza della sua parola e della sua fede, trasformando la crociata in una missione spirituale.

Abbazia di Chaiaravalle a Milano in una giornata di sole Missione Fondazione Grana Padano

Bernardo nella storia: la canonizzazione e la Divina Commedia

Negli ultimi anni della sua vita, Bernardo continuò a dedicarsi alla scrittura e alla guida dell’abbazia di Cleirvaux. Scrisse numerosi testi teologici, tra cui il famoso “Commento al Cantico dei Cantici”, un’opera in cui esprimeva una visione profondamente mistica e spirituale dell’amore divino. Nel 1153, già malato e debole, morì a Clairvaux, lasciando un’impronta indelebile nella storia della Chiesa e del monachesimo europeo. Tutta la sua vita intensissima era stata caratterizzata da attività teologica, letteraria, dottrinale ma anche sociale e politica, e nella fattispecie militante. Non ci fu questione rilevante del tempo, fosse teologica o istituzionale, in cui Bernardo non ebbe voce. Resta uno degli esempi più emblematici della spiritualità e della complessa relazione tra fede e potere nel Medioevo.

Alla sua morte, grazie alla fama di santità, Clairvaux accoglieva circa settecento monaci e aveva germinato circa centocinquanta conventi tra fondazioni e affiliazioni, in Francia e in Europa.

Il 18 gennaio 1174 Papa Alessandro III canonizzò Bernardo di Clairvaux. La sua santità fu riconosciuta per la vita esemplare, per la profonda spiritualità e per il contributo alla Chiesa, in particolare riguardo al suo ruolo nella riforma cistercense e per la sua influenza teologica. Successivamente, nel 1830, Papa Pio VIII lo proclamò Dottore della Chiesa per gli scritti e la sapienza teologica. A otto secoli dalla sua morte, nel 1953, papa Pio XII gli ha dedicato la sua venticinquesima enciclica. Se il titolo di Dottore della Chiesa è stato conferito a santi notevoli per “eminens doctrina”, Pio XII gli ha attribuito un secondo titolo mai conferito a nessun altro santo: “Doctor Mellifluus”. Per noi, la parola “mellifluo” è densa di risonanze negative, immaginiamo un tipo viscido e appiccicoso, pronto a tradirci appena ci voltiamo. Invece, il significato del titolo attribuitogli da Pio XI vuole sintetizzare le qualità di San Bernardo, la sua plasmabilità gentile, il ruolo nella difesa del papato e negli studi teologici  che si occupano di Maria (mariologia): “Il dottore mellifluo ultimo dei padri, ma non certo inferiore ai primi, si segnalò per tali doti di mente e di animo, cui Dio aggiunse abbondanza di doni celesti, da apparire dominatore sovrano nelle molteplici e troppo spesso turbolente vicende della sua epoca, per santità, saggezza e somma prudenza, consiglio nell’agire”.

Oltre a questi titoli, nei secoli che seguirono la sua morte la figura di San Bernardo divenne simbolica per i movimenti riformisti che volevano una Chiesa meno legata al potere temporale e più attenta ai bisogni spirituali dei fedeli. La sua lotta per la purezza della fede e la critica all’eccesso di mondanità ecclesiastica ispirarono generazioni di religiosi e riformatori.

Nel 1321, i primi lettori della Divina Commedia, arrivati alle ultime pagine incontrarono San Bernardo: è infatti la figura chiave della parte finale del Paradiso. Viene introdotto nel Canto XXXI come guida spirituale di Dante nella visione dell’Empireo, il cerchio più alto e luminoso, dove risiede Dio circondato dai cori angelici e dai beati. La scelta di San Bernardo come guida dell’ultima parte del viaggio è estremamente significativa: impersona la massima espressione della contemplazione e della devozione mistica alla Vergine Maria, virtù che lo rende ideale per condurre Dante alla visione di Dio. Bernardo sostituisce Beatrice nell’ultimo tratto del suo viaggio spirituale e diventa il tramite per la contemplazione diretta del divino. Dante, che è giunto ai limiti della comprensione umana, ha bisogno di una guida che incarni la sapienza sovrannaturale e l’umiltà necessaria per la visione divina. Bernardo rappresenta la “sapienza amorosa”, una sapienza che non è frutto della sola ragione ma che scaturisce dall’amore per Dio e dalla purezza interiore.

Dante ha scelto proprio San Bernardo perché era conosciuta la sua intensa devozione mariana, e nella Divina Commedia questa caratteristica è centrale. Il Santo prega la Vergine Maria affinché conceda a Dante la grazia della visione finale di Dio. La sua preghiera alla Vergine Maria, che apre il Canto XXXIII, è uno dei momenti più alti e poetici della Divina Commedia. La preghiera si apre con le parole:

“Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio, …”

Nella preghiera, Bernardo esprime la centralità di Maria nella redenzione dell’umanità e la sua intercessione indispensabile per permettere a Dante di accedere alla visione di Dio. La preghiera di Bernardo sottolinea la condizione umana bisognosa di intercessione divina per raggiungere la verità ultima e il divino. Bernardo, con la sua preghiera, permette a Dante di ottenere la grazia di Maria e di superare l’ultimo ostacolo. La descrizione della visione di Dio è, ovviamente, limitata dalle possibilità del linguaggio umano; Dante parla di una “luce eterna” che racchiude in sé tutto l’universo, in una visione che è insieme unione e mistero. San Bernardo non accompagna Dante in questa visione ultima, ma prega per lui affinché possa essere degno di essa. Così, nel finale della Divina Commedia, San Bernardo diventa l’intercessore tra Dante e la Vergine Maria, e, attraverso di lei, con Dio stesso, evidenziando l’importanza dell’intercessione mariana nel percorso di salvezza.

In definitiva, San Bernardo incarna l’unione tra amore e conoscenza, mostrando come solo attraverso un amore puro e disinteressato sia possibile avvicinarsi al mistero divino. Con la sua preghiera alla Vergine, prepara Dante alla visione di Dio, completando così il percorso di purificazione e illuminazione iniziato nell’Inferno e culminato nell’Empireo.

A San Bernardo è attribuita “La Madonna della buonanotte”, una preghiera che invita a a rivolgersi a Maria al termine della giornata, chiedendole protezione e affidandosi al suo amore materno. In realtà, negli scritti ufficiali di Bernardo non esiste un riferimento diretto a una “Madonna della Buonanotte”, ma l’idea della preghiera, con quell’appellativo confortante e affettuoso trova radici nell’amore di San Bernardo per Maria, e nella tradizione devozionale che ne è scaturita. A San Bernardo è attribuito anche il “Memorare”, una preghiera di affidamento totale a Maria e che può essere vista come una sorta di buonanotte spirituale. Nei secoli, l’opera di Bernardo ha trasmesso l’idea di Maria come madre amorevole e protettrice, e la sua devozione ha contribuito a diffondere una tradizione mariana molto intima, che la vede quale custode delle nostre notti e dei nostri sogni.

“La Madonna della Buonanotte” è anche divenuto un tema iconografico legato alla rappresentazione di Maria in atteggiamento dolce e protettivo, che ispira serenità e pace. Una delle opere più famose a cui viene associato questo nome è “La Madonna della Buonanotte” di Bernardino Luini, pittore leonardesco rinascimentale. Il dipinto murale dell’abbazia di Chiaravalle, delimitato da una cornice marmorea settecentesca che ne ha cambiato le proporzioni originarie, fu eseguito nel 1512. Mostra la Madonna seduta su un trono con Gesù bambino in piedi e benedicente. Gesù ha in mano un uccellino, simbolo della Resurrezione. Ci sono poi ai lati due angeli musicanti, un paesaggio montuoso, e due episodi della vita di San Benedetto in lotta col diavolo. Nel dipinto c’è anche San Bernardo, mentre gli appare Maria. Sopra di lui una roccia su cui è disegnata la torre di Chiaravalle. Il nome attribuito all’affresco è anche dovuto alla posizione in cui si trova, in cima a una scala sul pianerottolo del dormitorio dell’abbazia. I monaci, risalendo al dormitorio, salutavano la Madonna con l’ultima Ave Maria del giorno.